ACQUISTO DI NUDA PROPRIETÀ CON I BENEFICI PRIMA CASA

Con atto notarile ho avuto in donazione la nuda proprietà di un’abitazione. Avendo intenzione di acquistare un’abitazione in un comune diverso da quello in cui si trova la casa ricevuta in donazione, posso ottenere i benefici fiscali prima casa? Inoltre, sempre per non decadere dai benefici fiscali, devo necessariamente trasferire la residenza nel comune della casa acquistata?

Le agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa si applicano a condizione che nell’atto di compravendita l’acquirente dichiari:
– di non essere titolare, esclusivo o in comunione col coniuge, di diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune dove si trova l’immobile oggetto dell’acquisto agevolato;
– di non essere titolare, neppure per quote o in comunione legale, su tutto il territorio nazionale, di diritti di proprietà, uso usufrutto abitazione o nuda proprietà, su altra casa di abitazione, acquistata, anche dal coniuge, usufruendo delle agevolazioni per l’acquisto della prima casa.
In particolare, l’immobile deve essere ubicato: nel comune di residenza dell’acquirente ovvero nel comune in cui, entro 18 mesi l’acquirente stabilirà la propria residenza.
Nella fattispecie, se la nuda proprietà è stata acquisita con le agevolazioni prima casa, l’acquisto anche in altro comune di una nuova prima casa non è possibile, a meno che non si venda la nuda proprietà della casa posseduta entro un anno dal nuovo acquisto.
Viceversa, se la nuda proprietà non era stata acquisita con i benefici fiscali per acquisto della prima casa, il possesso della nuda proprietà di altra abitazione non è ostativa all’applicazione dei benefici sull’acquisto della nuova prima casa.

SOCIETA’ AGRICOLE LA LEGGE DI BILANCIO AGEVOLA COLTIVATORI E IMPRENDITORI AGRICOLI

L’agenzia delle Entrate ha dichiarato (art. 1, comma 44 della legge n 232/2016) che per gli anni 2017, 2018 e 2019 i redditi dominicali e agrari non concorrono alla formazione della base imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche per i soggetti in possesso della qualifica di coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale, iscritti nella previdenza agricola.
Tale agevolazione è applicabile esclusivamente a favore delle persone fisiche in possesso delle predette qualifiche di coltivatore diretto e Iap che producono redditi classificati fondiari. Quindi non possono beneficiare dell’agevolazione i soci delle società agricole in nome collettivo ed in accomandita semplice che abbiano optato per la tassazione su base catastale ai sensi dell’articolo 1, comma 1093, della legge 27 dicembre 2006, numero 296, in quanto il reddito che viene loro attribuito mantiene la natura di reddito di impresa.
L’esclusione dall’Irpef si applica sul reddito dominicale dei terreni posseduti e coltivati direttamente dai coltivatori diretti e Iap per i quali il reddito dominicale sarebbe ritornato ad essere imponibile Irpef a seguito della abolizione dell’IMU sui predetti terreni.
Invece i proprietari con terreni affittati devono assolvere l’Irpef sul reddito dominicale rivalutato del 80% ed ulteriormente rivalutato del 30%.
I coltivatori diretti ed Iap che conducono i terreni agricoli in affitto o ad altro titolo, non tasseranno il reddito agrario che sarebbe l’unica rendita di loro competenza.
L’esenzione da Irpef si applica per tutti i soggetti proprietari e conduttori dei terreni in possesso della qualifica di coltivatore diretto, ancorché non siano titolari della impresa agricola, ma siano coadiuvanti come unità attive.

TERRENO EDIFICABILE, CESSIONE CON IVA O IMPOSTA DI REGISTRO?

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha recentemente precisato che la cessione di un terreno edificabile effettuata da un imprenditore agricolo è soggetta a Iva, qualora il bene partecipi all’attività agricola.
La questione è annosa e recentemente si è verificata una diversità di vedute tra la agenzia delle Entrate e Cassazione.
L’Agenzia delle Entrate sostiene da tempo che la cessione di un terreno edificabile appartenente ad una impresa agricola deve essere assoggettato ad Iva a condizione che il terreno sia stato precedentemente destinato alla produzione agricola.
Invece la Cassazione pur avendo in passato condiviso questa interpretazione, recentemente ha affermato che un terreno divenuto edificabile ha assunto il carattere di suolo destinato alla edificazione, così perdendo la qualità di bene strumentale (cioè di bene relativo alla impresa).
In verità le posizioni si possono conciliare.
Se un terreno inserito in una zona edificabile e quindi suscettibile di utilizzazione edificatoria viene comunque coltivato, esso è relativo all’impresa agricola in quanto fattore della produzione. La cessione in questo caso è soggetta ad Iva.
Invece quando su un terreno è stata avviata l’attività di lottizzazione o addirittura di urbanizzazione da quel momento scatta l’estraneità alla sfera dell’impresa agricola e quindi la relativa cessione è soggetta ad imposta di registro.

TARI, E’ POSSIBILE AVERE UNA RIDUZIONE O L’ESENZIONE?

La Tari, tassa sui rifiuti, è costituita da una componente fissa, data dal costo del servizio erogato che viene determinato dalla superficie dell’abitazione, e da un costo variabile, dato dalla quantità effettiva di rifiuti prodotti da chi abita l’immobile. Solo per quest’ultima sono previste riduzioni  e esenzioni .

L’esenzione
La legge prevede una riduzione o esenzione dal pagamento della Tari relativamente alle seconde case disabitate quando l’immobile è inutilizzabile (qualora un immobile non sia utilizzabile vi è esenzione totale dal pagamento della Tari, la totale inutilizzabilità dovrà essere provata dimostrando che nel locale non vi sia alcun allaccio di rete elettrica, idrica o fognaria); nel caso di cantine e garage; quando la seconda casa è in ristrutturazione.

La riduzione
E’ possibile fruire di riduzioni e/o agevolazioni sulla Tari nei seguenti casi:
– immobili abitati da una sola persona;
– case per le vacanze;
– immobili occupati da soggetti che per almeno sei mesi all’anno risiedono all’estero;
– fabbricati rurali;
– contribuenti che effettuano lo smaltimento dei rifiuti in proprio tramite compostaggio o che abbiano realizzato interventi per produrre meno rifiuti (verificare in Comune).
Per poter richiedere l’esenzione dal pagamento o la riduzione occorre rivolgersi al proprio Comune di residenza.

RISALE LA FEBBRE DA CAPANNONE

La ripartenza del mercato degli immobili industriali e l’ultimo di una serie di indicatori positivi, che contribuisce a consolidare una ripresa in atto nel settore industriale.
La “febbre da capannone”, innescata dalla Tremonti bis all’inizio degli anni 2000 resta un ricordo lontano.
Dopo 15 anni le compravendite di immobili industriali tornano a scaldare il mercato.
Le banche dati relative alla prima metà del 2016 segnalano l’ennesima contrazione dei valori, che porta al 27,3% il deprezzamento delle quotazioni dei capannoni vuoti dal primo semestre 2008, e al 31,9% il calo per quelli usati.
Le compravendite di capannoni nel primo semestre 2016 sono però aumentate del 18,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno prima e il trend è destinato a proseguire nel 2017.
La riduzione dei prezzi sta determinando un maggiore interesse verso l’acquisto, espresso soprattutto da aziende solide patrimonialmente e da tempo presenti sul mercato.
A livello nazionale l’analisi della domanda, evidenzia che il 76% delle richieste riguarda immobili in locazione, mentre il 24% è riferito agli acquisti.
L’obiettivo principale dei conduttori è contrarre i costi di locazione puntando alle tipologie vicine a strade e uscite autostradali. Anche l’area di carico e scarico a fondamentale così come l’altezza,
Il 57,6% delle richieste di acquisto riguarda tagli fino a 500 metri quadrati, il 27,5% i capannoni tra 500 e 1.000 mq.
E’ una timida ripresa in atto sia nel nuovo che nell’usato.
Anche a Brescia gli operatori confermano nuovi investimenti e operazioni. Le aziende si stanno ampliando e sviluppando cercando nuovi insediamenti. Cercano soluzioni nuove da 5.000 metri quadrati a da 10.000 metri quadrati il più possibile vicino ad autostrade e tangenziali.
Nel 2017 si inizia a intravedere una ripresa della domanda, soprattutto nelle zone considerate strategiche per posizionamento.

INCENTIVI FINO AL 75%, CAPPOTTO TERMICO E ALTRI INTERVENTI TAGLIANO DI UN TERZO LA BOLLETTA

Prendiamo ad esempio un condominio degli anni 60 o 70 suddiviso in una trentina di appartamenti. Ipotizziamo che ci sia la necessità di rifare la facciata e che l’amministratore proponga al condominio, a seguito di una diagnosi energetica, di realizzare in contemporanea un cappotto termico, di rifare parte del tetto e sostituire la caldaia. Questi lavori, grazie ai nuovi ecobonus, possono essere portati in detrazione dalle tasse fino al 75% (in cinque anni) e, con l’apertura di un finanziamento bancario (esistono formule fino da 120 fino a 180 mesi), possono essere suddivisi in rate con un importo esiguo. Per ottenere, in cambio, una riduzione della bolletta anche del 30 o 50%.

Anche la normativa tende la mano a chi investe sul risparmio energetico. La legge 99/2009 stabilisce che per gli interventi sugli edifici e sugli impianti volti al contenimento del consumo energetico, individuati attraverso un attestato di certificazione energetica o una diagnosi energetica redatta da un tecnico abilitato, le pertinenti decisioni condominiali sono valide se adottate con la maggioranza semplice delle quote millesimali rappresentate dagli intervenuti in assemblea.

I MILLESIMI SI CAMBIANO SENZA L’UNANIMITA’

Abito in un edificio condominiale e per la ripartizione delle spese abbiamo sempre tenuto conto della tabella millesimale redatta più di cinquant’anni fa.
Qualche tempo fa alcuni condomini hanno eseguito dei lavori di ampliamento nei loro appartamenti e per questo si è reso necessario valutare una revisione dell’attuale tabella. Durante l’ultima assemblea eravamo tutti d’accordo, tranne i due condomini che hanno eseguito gli ampliamenti. A detta loro, senza il consenso di tutti i proprietari la tabella non si può cambiare. Chi ha ragione?

Le tabelle millesimali sono uno strumento necessario per garantire il buon funzionamento del condominio.
I millesimi, espressione del rapporto fra il valore di ciascuna unità immobiliare e quello dell’intero edificio, indicano in che modo ripartire le spese ordinarie e straordinarie che riguardano le parti comuni e, soprattutto, stabiliscono il “peso” di ciascun partecipante nel momento in cui occorre esprimere il voto in assemblea.
Le tabelle, secondo la legge, devono essere allegate al regolamento condominiale e sono redatte da un tecnico che utilizza i parametri più opportuni, nell’ambito di quelli indicati nella circolare ministeriale 12480/1966.
Le tabelle millesimali possono essere modificate in qualsiasi momento, a condizione che tutti i condomini siano d’accordo.
In determinate situazioni, per deliberare a favore della variazione, può anche essere sufficiente il quorum stabilito dall’articolo 1136, comma 2, del Codice civile, vale a dire un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio. Ciò può verificarsi, a norma dell’articolo 69 delle disposizioni di attuazione del Codice civile, quando risulta che le tabelle siano conseguenza di un errore o qualora siano mutate le condizioni di una parte dell’edificio.
Il promo motivo concerne l’errore. In molti casi è difficile risalire ai parametri utilizzati dal tecnico, soprattutto se la tabella è stata redatta molti anni prima. Inoltre, accade di frequente che il perito attribuisca i millesimi senza fornire una relazione giustificativa. Attualmente vale il principio secondo cui si configurano come errori tutti quelli obiettivamente verificabili, che comportano una non corrispondenza tra il valore attribuito nella tabella alle unità immobiliari e il valore effettivo delle stesse, indipendentemente dal carattere negoziale o meno della determinazione delle tabelle millesimali.
Il secondo motivo che può determinare una revisione con il voto della sola maggioranza qualificata ricorre quando, in conseguenza di sopraelevazione, incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, il valore proporzionale dell’unità immobiliare, anche di un solo condomino, risulti alterato per più di un quinto. In questo caso il costo per modificare la tabella è sostenuto da chi ha dato luogo alla variazione.

VIZI DELL’IMMOBILE, L’INQUILINO NON PUO’ SOSPENDERE I CANONI

Secondo quanto deciso dal Tribunale di Milano (sentenza 10739/2016) chi occupa un alloggio in affitto non può sospendere unilateralmente il pagamento del canone di locazione, anche nel caso in cui si verifichi una riduzione di godimento dell’immobile, dovuto a vizi e malfunzionamento degli impianti.
Nella fattispecie il conduttore aveva deciso di interrompere il pagamento dell’affitto dopo aver riscontrato alcuni vizi che la proprietà aveva omesso di segnalarle al momento della firma del contratto (come il malfunzionamento del sistema di scarico del bagno e la presenza di acqua gocciolante dinanzi l’ingresso). La proprietà non avrebbe quindi rispettato quanto disposto dall’articolo 1575 del Codice civile, secondo cui il locatore deve “consegnare al conduttore la cosa locata in buono stato di manutenzione”.
La sentenza sopraccitata ha stabilito che, essendo il pagamento del canone di locazione la principale obbligazione del conduttore, non è consentito a quest’ultimo sospenderne unilateralmente il pagamento nel caso in cui si verifichi una riduzione di godimento dell’immobile locato, mentre la sospensione è legittima nella sola ipotesi in cui venga integralmente meno la controprestazione in capo al locatore.
Già in passato la Cassazione (sentenza n. 3341/2001) aveva affermato che qualora il conduttore avesse continuato a godere dell’immobile, per quanto lo stesso presentasse dei vizi, non poteva sospendere l’intera sua prestazione consistente nel pagamento del canone di locazione , perché così sarebbe mancata la proporzionalità tra i rispettivi inadempimenti potendo giustificarsi soltanto una riduzione del canone proporzionata all’entità del mancato godimento, applicandosi i principi dettati dall’articolo 1584 del Codice civile (diritti del conduttore in caso di riparazioni).

DEDUZIONE IRPEF AL 20% DEL PREZZO DI ACQUISTO SOLO SE L’AFFITTO DURA OTTO ANNI

Viene concessa all’acquirente persona fisica (quindi non esercente attività commerciale) una deduzione dal reddito complessivo pari al 20% del prezzo di acquisto (effettuato tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2017) di unità immobiliari a destinazione residenziale, di nuova costruzione o oggetto di interventi di restauro o di ristrutturazione che fossero invendute alla data del 12 novembre 2014 e che conseguano il requisito dell’agibilità tra il 1° gennaio 2014 e il 31 dicembre 2017:
Deve inoltre trattarsi di unità immobiliari:
1) destinate, entro sei mesi dall’acquisto o dal termine dei lavori di costruzione, alla locazione (ma non tra parenti) per un periodo continuativo di almeno otto anni);
2) non classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9;
3) con prestazioni energetiche certificate in classe A o B;
4) non ubicate in zone agricole.
La deduzione del 20%  può essere calcolata  sulla parte del prezzo entro i 300.000 euro (Iva compresa) nonché sugli interessi passivi dipendenti da mutui contratti per l’acquisto delle unità immobiliari in questione.
La deduzione è ripartita in otto quote annuali di pari importo, a partire dal periodo d’imposta nel quale avviene la stipula del contratto di locazione e non è cumulabile con altre agevolazioni fiscali previste da altre disposizioni di legge per le medesime spese.
La deduzione spetta solamente ai soggetti titolari del diritto di proprietà dell’unità immobiliare in relazione alla quota di proprietà.

CONTRATTO DI LOCAZIONE: RECESSO CONSENTITO SOLO PER GRAVI MOTIVI

Il recesso è invece la facoltà concessa al solo conduttore di porre fine anticipatamente al contratto, sussistendone i presupposti. Il diritto di recesso è disciplinato, per le locazioni abitative, dall’articolo 3, comma 6, della legge 431/1998, e per quelle a uso diverso dall’articolo 27, commi 7 e 8, della legge 392/1978. Esso può essere esercitato dal conduttore in presenza di gravi motivi che gli impediscono di proseguire nel contratto.
La comunicazione di recesso deve essere inviata al locatore con un preavviso di almeno sei mesi rispetto alla data in cui si intende porre fine alla locazione. I canoni devono essere corrisposti fino alla scadenza del termine semestrale anche se il rilascio dell’immobile avviene prima.
A volte i contratti contengono una clausola che concede al conduttore la facoltà di recesso indipendentemente dalla sopravvenienza di gravi motivi, oppure dando un preavviso inferiori ai sei mesi: si tratta, invero, di deroghe compatibili con lo spirito della legge.
Per le locazioni a uso diverso dall’abitazione è ormai consolidato il principio per cui i gravi motivi che consentono al conduttore di recedere dal contratto, devono sostanziarsi in fatti involontari imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto, ed essere tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore la prosecuzione del rapporto locativo. La comunicazione del recesso da parte del conduttore non può prescindere dalla specificazione dei motivi e i fatti in questione devono presentare una connotazione oggettiva. La scelta del conduttore non può ritenersi collegata a una sua visione strategica, che rientra nel rischio di ogni imprenditore nell’esercizio della sua impresa, bensì ad un situazione che egli non poteva prevedere, se non nei limiti normali dell’andamento del mercato di settore. Il recesso deve essere dunque conseguenza di fattori obiettivi che esulino dalle normali e prudenziali valutazioni che spettano all’imprenditore nell’esercizio dell’impresa, imprevedibili al momento della stipulazione del contratto e sopravvenuti nel corso della locazione.
Qualora, infine, il recesso venga esercitato in assenza di validi motivi e manchino i presupposti legittimi, nulla vieta al locatore di accettare l’anticipata riconsegna dell’immobile, con riserva, però, di pretendere il pagamento dei canoni futuri fino al termine del contratto, oppure fino al momento in cui l’immobile verrà nuovamente locato a terzi.