Immobili, nel 2017 vendite in aumento del 6/8%, prezzi ancora in calo.

andamento

Nei primi nove mesi del 2016 c’è stato un incremento delle transazioni del 20,4%. Mentre dal 2007 i valori immobiliari hanno ceduto il 39,7%

Tempo di bilanci anche per il mercato immobiliare. Un risultato positivo quello ottenuto nel 2016 dato dall’aumento delle compravendite immobiliari. I dati, resi pubblici dall’Agenzia delle Entrate, evidenziano che nei primi nove mesi del 2016 c’è stato un incremento medio delle transazioni del 20,4%.

Un trend significativo dunque, trainato soprattutto dalla diminuzione dei prezzi e dai mutui più accessibili; da evidenziare che dal 2007 le abitazioni hanno ceduto il 39,7% del loro valore. La domanda in crescita e l’offerta che inizia a diminuire, soprattutto sugli immobili di qualità, potrà determinare un’ulteriore contrazione delle tempistiche di vendita e un minor margine di trattativa soprattutto su queste tipologie immobiliari. Se l’immobile è da ristrutturare o presenta degli elementi negativi si compravenderà solo dopo ulteriori ribassi di prezzo.

L’andamento dell’economia e dell’occupazione, nonché il comportamento degli istituti di credito che rimarranno comunque prudenti, contribuiranno a confermare o meno questo scenario di mercato. Scenario che vede nella consapevolezza “del reale valore dell’immobile” da parte degli acquirenti, dei venditori ma soprattutto da parte dei professionisti del settore real estate, un elemento importante per il corretto funzionamento del mercato. Se così fosse vorrebbe dire che la lunga crisi immobiliare qualcosa, forse, avrà insegnato.

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CASA DA RISTRUTTURARE O CASA CHE NON NECESSITA DI LAVORI

Comprare una casa da ristrutturare può sembrare vincente ma per capire se conviene davvero è necessario fare una valutazione preventiva attenta.
La scelta di un immobile che necessita di lavori va calibrata sul minor prezzo di acquisto e sull’entità della ristrutturazione.
I dati indispensabili da valutare nel caso in cui l’acquirente sia un privato sono:
– la differenza di prezzo tra un’abitazione da ristrutturare e una che non necessita di alcun lavoro;
– il costo degli interventi da fare;
– il termine realistico entro il quale gli interventi saranno completati (le detrazioni del 50% e del 65% sono confermate fino al 31 dicembre);
– il reddito dell’acquirente che deve essere abbastanza alto da generare un’imposta da abbattere con le detrazioni;
– la possibilità di detrarre il 50% dell’IVA pagata al costruttore in caso di acquisto di casa in classe energetica A e B.
Per decidere se comperare un immobile da ristrutturare o già in ordine occorre dunque preventivare nel modo più preciso possibile le cifre in gioco.

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CALO DELLA QUOTAZIONE DEI PREZZI DELL’USATO

I prezzi dell’usato sono ancora in discesa nel 2017. Il settore residenziale chiuderà l’anno con un calo ulteriore dell’1,4%, ad eccezione delle nuove costruzioni.
Ma perché i prezzi delle case continuano a diminuire e non rispondono alla ripresa delle vendite?
Purtroppo le aspettative, soprattutto quelle legate all’inflazione e quelle occupazionali, sono ancora negative.
La disoccupazione frena ancora gli acquirenti che faticano ad ottenere i mutui e la deflazione continua a segnare i consumi degli italiani.
L’abbondanza di offerta porta con sé un’abbondanza di prodotti di scarsa qualità presenti sul mercato.  In questo contesto solo gli immobili davvero di qualità riescono a tenere il prezzo senza dover cedere a sconti.
Anche il pacchetto di misure fiscali approvate negli ultimi anni non riesce a fare la differenza.
Inoltre le tasse sulla casa penalizzano ancora molto la spinta agli acquisti.
Questo porta ad un calo delle quotazioni dei prezzi dell’usato.

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UNA SERIE DI AIUTI A CHI COMPRA CASA

I dati dimostrano che la tassazione ridotta per chi acquista un immobile come “prima casa” è ancora l’agevolazione più usata.
L’acquisto come prima casa permette di pagare imposte ridotte:
– se si compera da privato l’imposta di registro è al 2% sul valore catastale;
– se si compera da impresa con vendita soggetta ad IVA si paga il 4%.
Non decollano ancora le formule alternative all’acquisto della piena proprietà: il leasing abitativo e rent to buy (cioè l’affitto con diritto di riscatto).
Nel caso del leasing, i bonus sono interessanti, soprattutto per gli under 35 con un reddito inferiore a 55.000 euro annui. In questo caso vi è la possibilità di detrarre il 19% dei canoni fino a un massimo di 8.000 euro all’anno e anche del prezzo di riscatto fino a 20.000 euro. A frenarne il decollo c’è il fatto che le banche che propongono questa formula sono poche e inoltre i mutui in questo periodo hanno tassi vicini ai minimi storici.
Il fattore culturale invece penalizza il rent to buy.
Il rento to buy è un contratto “misto” con cui il soggetto affitta una casa imputando parte del canone al prezzo del futuro acquisto. Poi, dopo un massimo di 10 anni, può acquistare il bene.  In caso di morosità il contratto si risolve con il mancato pagamento di un numero minimo di canoni non inferiori ad un ventesimo del totale. L’incognita della morosità e la difficoltà nel calcolare le due componenti del canone mensile ne hanno sfavorito l’utilizzo.
Meglio sembra andare la possibilità di detrarre dall’Irpef il 50% dell’Iva pagata al costruttore sulle nuove case in classe A e B (valida per chi acquista fino al 31 dicembre 2017). In questo caso la detrazione va divisa in 10 rate a partire dall’anno del rogito. Il bonus è interessante ma la convenienza dipende molto da quanto si spende rispetto all’acquisto di una casa in un’altra classe o da ristrutturare.

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Mercato immobiliare a Napoli

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Mercato Immobiliare a Napoli

Napoli, con una popolazione di 962.003 abitanti, è il capoluogo della regione Campania.

Dal punto di vista immobiliare le zone più importanti, in termini di numero di annunci pubblicati, sono le seguenti: Vomero, ChiaiaFuorigrottaPosillipo, Pendino / San GiuseppeBagnoli, ArenellaSoccavo.
In assoluto la zona più presente negli annunci immobiliari è Vomero con oltre 2.879 annunci immobiliari complessivi tra affitto e vendita attualmente presenti.

Come è ragionevole aspettarsi, si tratta di una città estremamente importante dal punto di vista immobiliare nel panorama provinciale e circa il 36% di tutti gli annunci immobiliari della provincia sono relativi alla città.

In totale sono presenti in città 33.802 annunci immobiliari, di cui 22.466 in vendita e 11.336 in affitto, con un indice complessivo di 35 annunci per mille abitanti.

Secondo i dati dell’ OMI, il prezzo degli appartamenti nelle diverse (65) zone a Napoli è compreso in tutta la città tra 900 €/m² e 5.750 €/m² per la compravendita e tra 2,5 €/m² mese e 14,3 €/m² mese per quanto riguarda le locazioni.

Il prezzo medio degli appartamenti in vendita (2.900 €/m²) è di circa il 43% superiore alla quotazione media regionale, pari a 2.050 €/m² ed è anche di circa il 21% superiore alla quotazione media provinciale (2.400 €/m²).
La quotazione dei singoli appartamenti a Napoli è estremamente disomogenea e nella maggioranza dei casi i prezzi sono molto lontani dai valori medi in città, risultando inferiori a 2.200 €/m² o superiori a 3.600 €/m².

Napoli è una tra le città italiane più grandi, ovvero con oltre 500.000 abitanti con i prezzi degli appartamenti più alti in assoluto: circa 2.900 €/m², ovvero circa il 16% in meno rispetto ai prezzi medi a Milano e circa il 93% in più rispetto ai prezzi medi a Palermo, che hanno, rispettivamente, i prezzi più alti e più bassi in Italia.

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Surroga: risparmi fino al 35% sulla rata

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Surroga: risparmi fino al 35% sulla rata

Spesso e volentieri, dopo che si stipula il mutuo, ci si accorge che ci sono banche in grado di offrire tassi di interesse e condizioni migliori. Come fare a cambiare? La soluzione si chiama surroga mutuo, un’opzione che sicuramente può essere utile se si vuole risparmiare. Detta anche portabilità o surrogazione, non è altro che iltrasferimento del mutuo da una banca ad un’altra. E’ un’operazione gratuita, che consente al mutuatario di ottenere un vantaggio considerevole legato alle migliori condizioni economiche garantite dal nuovo contratto, sottoscritto con l’istituto subentrante.Per quantificare meglio, il broker di mutui online ha calcolato il risparmio ottenibile con una surroga di un mutuo a tasso fisso di importo iniziale € 120.000 e durata 30 anni, sottoscritto tra il 2010 e 2013.Prima del Decreto Bersani, il mutuo di sostituzione spiegava non più del 4% del totale dei volumi di mutui erogati annualmente in Italia. Con la surroga, nel 2008 la percentuale si è duplicata, salendo sino all’8%, trainata dall’impennata dei tassi Euribor, che a ottobre avevano toccato il massimo storico del 5,3%, spingendo gli italiani a passare da un mutuo a tasso variabile a un mutuo a tasso fisso.Da allora la surroga ne ha fatta di strada, rappresentando una fetta importante del totale delle erogazioni del sistema bancario italiano. Nel 2009 il peso della finalità surroga è arrivato fino al 18%, mentre nel 2010 si è mantenuto intorno al 15% del totale erogato con una leggera contrazione. Con l’inizio della crisi, i tassi e gli spread hanno iniziato velocemente a crescere: i migliori spread, a inizio 2011, pari a 1,20% sui mutui a tasso variabile e 0,95% sui mutui a tasso fisso sono giunti 12 mesi dopo, a inizio 2012, ad essere rispettivamente il 3,30% e 3,60% e si sono tenuti nella forchetta 2,5%-3% sino a metà 2014. In quel periodo, la surroga contava fra il 5 e il 10%.

Da metà 2014 gli spread hanno iniziato a scendere, prima lentamente e poi sempre più velocemente, sino ad arrivare ai livelli dei giorni nostri, in linea con i valori pre-crisi. La risposta in termini di domande di nuove surroghe è stato impressionante: nel 2015 circa il 30% del totale mutui erogati è stato con finalità surroga; e nel 2016 tale percentuale si è attestata attorno al 24%.

Per il 2017, secondo l’analisi MutuiSupermarket.it, il fenomeno surroga continuerà a giocare un ruolo importante durante l’anno, anche perché i tassi fissi – che spiegano circa il 75% della domanda di mutui di surroga – si stanno mantenendo a livelli contenuti, anche in questi primi quattro mesi dell’anno. Il fenomeno della surroga sta riguardando infatti il cambio mutuo verso un nuovo muuto a tasso fisso, per poter beneficiare di tassi fissi finiti ai minimi storici di sempre: surrogare in queste condizioni di mercato vuol dire mettere in sicurezza il proprio mutuo a tasso fisso sui restanti 20-25 anni di piano di rimborso, senza doversi più preoccupare di potenziali rialzi dei tassi Euribor, considerando anche che nuove opportunità di tassi fissi futuri inferiori agli attuali sono improbabili.

Ad ogni modo, il bacino dei potenziali mutuatari interessati a una surroga è destinato a ridursi rapidamente con il passare del tempo e l’atteso rialzo dei tassi fissi sui prossimi trimestri potrebbe ulteriormente limitare le nuove erogazioni di surroga. In questo contesto, è possibile ipotizzare che la surroga possa arrivare ben presto a contare fra il 15 e 20% del totale erogazioni. I tempi di questa ritirata dipenderanno ad ogni modo dall’andamento degli indici IRS e dalle politiche di pricing adottate dalle banche. Oltre il 2018, ci sarà poi da considerare che la surroga tornerà di elevato interesse solo per chi attualmente ha sottoscritto un mutuo a tasso variabile, quando si registreranno movimenti repentini e ampi degli indici di riferimento Euribor.

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SISMA BONUS

 

Con il “Sisma Bonus” è possibile fruire di importanti agevolazioni nel caso in cui su un’abitazione, prima e seconda casa, su un immobile adibito ad attività produttiva o sulle parti comuni di un condominio, si effettuino interventi di adeguamento sismico certificati.
I fabbricati, su cui è consentito intervenire sfruttando le agevolazioni non sono solo quelli ubicati nelle zone di maggiore rischio (zona 1 e 2), ma anche quelli della zona a medio rischio sismico (zona 3).
La soglia base è del 50% e consente fino al 31 dicembre 2021 di recuperare la metà della spesa affrontata, spalmata in 5 rate annuali, e per un importo massimo di € 96.000.
Dal 1 gennaio 2022 la percentuale scenderà al 36%.
Sono previste anche percentuali migliorative.
Fino al 70% o all’80% qualora dagli interventi derivi una riduzione di rischio sismico che determini il passaggio rispettivamente a una o due classi di rischio inferiori. Tali percentuali sono elevate al 75% o all’85% se le opere di diminuzione di classi riguardano le parti comuni di un condominio.

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RISCALDAMENTO, VA IMPUGNATA LA DELIBERA DELL’ASSEMBLEA

La questione riguarda l’opposizione proposta da alcuni condomini avverso il decreto ingiuntivo con il quale il condominio gli intimava il pagamento di somme di denaro a titolo di contributi condominiali per spese di riscaldamento, risultanti dal bilancio consuntivo approvato dall’assemblea.
I condomini opponenti eccepivano la circostanza per cui la loro abitazione non era servita dal riscaldamento centralizzato per essersi distaccati da anni, come comunicato per iscritto all’amministratore, ritenendo che nulla fosse dovuto al condominio a titolo di spese per riscaldamento centralizzato.
In caso di distacco dal riscaldamento centralizzato si rischia di pagare le spese se si impugna il decreto ingiuntivo ma non la delibera che ha stabilito e ripartito la spesa e sulla quale si è basato l’amministratore per chiedere i contributi e, successivamente, il decreto ingiuntivo stesso.
Infatti la delibera di approvazione delle spese e del relativo riparto, non solo costituisce titolo idoneo a legittimare l’ingiunzione di pagamento, ma anche a richiedere la provvisoria esecuzione della stessa.
Tale debito permane sinché vige la delibera, se questa non viene sospesa nel giudizio di impugnazione afferente la legittimità della stessa, conseguentemente, nell’eventuale opposizione a decreto ingiuntivo non potranno essere poste questioni riguardanti la validità della deliberazione – che potrà essere contestata unicamente con l’impugnazione di cui all’articolo 1137 del Codice civile – ma, esclusivamente, argomenti che attengono all’esistenza del debito, alla documentazione posta a sostegno dell’ingiunzione di pagamento o, ancora, al verbale della delibera assembleare.

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ACQUISTO DI NUDA PROPRIETÀ CON I BENEFICI PRIMA CASA

Con atto notarile ho avuto in donazione la nuda proprietà di un’abitazione. Avendo intenzione di acquistare un’abitazione in un comune diverso da quello in cui si trova la casa ricevuta in donazione, posso ottenere i benefici fiscali prima casa? Inoltre, sempre per non decadere dai benefici fiscali, devo necessariamente trasferire la residenza nel comune della casa acquistata?

Le agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa si applicano a condizione che nell’atto di compravendita l’acquirente dichiari:
– di non essere titolare, esclusivo o in comunione col coniuge, di diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune dove si trova l’immobile oggetto dell’acquisto agevolato;
– di non essere titolare, neppure per quote o in comunione legale, su tutto il territorio nazionale, di diritti di proprietà, uso usufrutto abitazione o nuda proprietà, su altra casa di abitazione, acquistata, anche dal coniuge, usufruendo delle agevolazioni per l’acquisto della prima casa.
In particolare, l’immobile deve essere ubicato: nel comune di residenza dell’acquirente ovvero nel comune in cui, entro 18 mesi l’acquirente stabilirà la propria residenza.
Nella fattispecie, se la nuda proprietà è stata acquisita con le agevolazioni prima casa, l’acquisto anche in altro comune di una nuova prima casa non è possibile, a meno che non si venda la nuda proprietà della casa posseduta entro un anno dal nuovo acquisto.
Viceversa, se la nuda proprietà non era stata acquisita con i benefici fiscali per acquisto della prima casa, il possesso della nuda proprietà di altra abitazione non è ostativa all’applicazione dei benefici sull’acquisto della nuova prima casa.

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SOCIETA’ AGRICOLE LA LEGGE DI BILANCIO AGEVOLA COLTIVATORI E IMPRENDITORI AGRICOLI

L’agenzia delle Entrate ha dichiarato (art. 1, comma 44 della legge n 232/2016) che per gli anni 2017, 2018 e 2019 i redditi dominicali e agrari non concorrono alla formazione della base imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche per i soggetti in possesso della qualifica di coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale, iscritti nella previdenza agricola.
Tale agevolazione è applicabile esclusivamente a favore delle persone fisiche in possesso delle predette qualifiche di coltivatore diretto e Iap che producono redditi classificati fondiari. Quindi non possono beneficiare dell’agevolazione i soci delle società agricole in nome collettivo ed in accomandita semplice che abbiano optato per la tassazione su base catastale ai sensi dell’articolo 1, comma 1093, della legge 27 dicembre 2006, numero 296, in quanto il reddito che viene loro attribuito mantiene la natura di reddito di impresa.
L’esclusione dall’Irpef si applica sul reddito dominicale dei terreni posseduti e coltivati direttamente dai coltivatori diretti e Iap per i quali il reddito dominicale sarebbe ritornato ad essere imponibile Irpef a seguito della abolizione dell’IMU sui predetti terreni.
Invece i proprietari con terreni affittati devono assolvere l’Irpef sul reddito dominicale rivalutato del 80% ed ulteriormente rivalutato del 30%.
I coltivatori diretti ed Iap che conducono i terreni agricoli in affitto o ad altro titolo, non tasseranno il reddito agrario che sarebbe l’unica rendita di loro competenza.
L’esenzione da Irpef si applica per tutti i soggetti proprietari e conduttori dei terreni in possesso della qualifica di coltivatore diretto, ancorché non siano titolari della impresa agricola, ma siano coadiuvanti come unità attive.

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