INCENTIVI FINO AL 75%, CAPPOTTO TERMICO E ALTRI INTERVENTI TAGLIANO DI UN TERZO LA BOLLETTA

Prendiamo ad esempio un condominio degli anni 60 o 70 suddiviso in una trentina di appartamenti. Ipotizziamo che ci sia la necessità di rifare la facciata e che l’amministratore proponga al condominio, a seguito di una diagnosi energetica, di realizzare in contemporanea un cappotto termico, di rifare parte del tetto e sostituire la caldaia. Questi lavori, grazie ai nuovi ecobonus, possono essere portati in detrazione dalle tasse fino al 75% (in cinque anni) e, con l’apertura di un finanziamento bancario (esistono formule fino da 120 fino a 180 mesi), possono essere suddivisi in rate con un importo esiguo. Per ottenere, in cambio, una riduzione della bolletta anche del 30 o 50%.

Anche la normativa tende la mano a chi investe sul risparmio energetico. La legge 99/2009 stabilisce che per gli interventi sugli edifici e sugli impianti volti al contenimento del consumo energetico, individuati attraverso un attestato di certificazione energetica o una diagnosi energetica redatta da un tecnico abilitato, le pertinenti decisioni condominiali sono valide se adottate con la maggioranza semplice delle quote millesimali rappresentate dagli intervenuti in assemblea.

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I MILLESIMI SI CAMBIANO SENZA L’UNANIMITA’

Abito in un edificio condominiale e per la ripartizione delle spese abbiamo sempre tenuto conto della tabella millesimale redatta più di cinquant’anni fa.
Qualche tempo fa alcuni condomini hanno eseguito dei lavori di ampliamento nei loro appartamenti e per questo si è reso necessario valutare una revisione dell’attuale tabella. Durante l’ultima assemblea eravamo tutti d’accordo, tranne i due condomini che hanno eseguito gli ampliamenti. A detta loro, senza il consenso di tutti i proprietari la tabella non si può cambiare. Chi ha ragione?

Le tabelle millesimali sono uno strumento necessario per garantire il buon funzionamento del condominio.
I millesimi, espressione del rapporto fra il valore di ciascuna unità immobiliare e quello dell’intero edificio, indicano in che modo ripartire le spese ordinarie e straordinarie che riguardano le parti comuni e, soprattutto, stabiliscono il “peso” di ciascun partecipante nel momento in cui occorre esprimere il voto in assemblea.
Le tabelle, secondo la legge, devono essere allegate al regolamento condominiale e sono redatte da un tecnico che utilizza i parametri più opportuni, nell’ambito di quelli indicati nella circolare ministeriale 12480/1966.
Le tabelle millesimali possono essere modificate in qualsiasi momento, a condizione che tutti i condomini siano d’accordo.
In determinate situazioni, per deliberare a favore della variazione, può anche essere sufficiente il quorum stabilito dall’articolo 1136, comma 2, del Codice civile, vale a dire un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio. Ciò può verificarsi, a norma dell’articolo 69 delle disposizioni di attuazione del Codice civile, quando risulta che le tabelle siano conseguenza di un errore o qualora siano mutate le condizioni di una parte dell’edificio.
Il promo motivo concerne l’errore. In molti casi è difficile risalire ai parametri utilizzati dal tecnico, soprattutto se la tabella è stata redatta molti anni prima. Inoltre, accade di frequente che il perito attribuisca i millesimi senza fornire una relazione giustificativa. Attualmente vale il principio secondo cui si configurano come errori tutti quelli obiettivamente verificabili, che comportano una non corrispondenza tra il valore attribuito nella tabella alle unità immobiliari e il valore effettivo delle stesse, indipendentemente dal carattere negoziale o meno della determinazione delle tabelle millesimali.
Il secondo motivo che può determinare una revisione con il voto della sola maggioranza qualificata ricorre quando, in conseguenza di sopraelevazione, incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, il valore proporzionale dell’unità immobiliare, anche di un solo condomino, risulti alterato per più di un quinto. In questo caso il costo per modificare la tabella è sostenuto da chi ha dato luogo alla variazione.

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VIZI DELL’IMMOBILE, L’INQUILINO NON PUO’ SOSPENDERE I CANONI

Secondo quanto deciso dal Tribunale di Milano (sentenza 10739/2016) chi occupa un alloggio in affitto non può sospendere unilateralmente il pagamento del canone di locazione, anche nel caso in cui si verifichi una riduzione di godimento dell’immobile, dovuto a vizi e malfunzionamento degli impianti.
Nella fattispecie il conduttore aveva deciso di interrompere il pagamento dell’affitto dopo aver riscontrato alcuni vizi che la proprietà aveva omesso di segnalarle al momento della firma del contratto (come il malfunzionamento del sistema di scarico del bagno e la presenza di acqua gocciolante dinanzi l’ingresso). La proprietà non avrebbe quindi rispettato quanto disposto dall’articolo 1575 del Codice civile, secondo cui il locatore deve “consegnare al conduttore la cosa locata in buono stato di manutenzione”.
La sentenza sopraccitata ha stabilito che, essendo il pagamento del canone di locazione la principale obbligazione del conduttore, non è consentito a quest’ultimo sospenderne unilateralmente il pagamento nel caso in cui si verifichi una riduzione di godimento dell’immobile locato, mentre la sospensione è legittima nella sola ipotesi in cui venga integralmente meno la controprestazione in capo al locatore.
Già in passato la Cassazione (sentenza n. 3341/2001) aveva affermato che qualora il conduttore avesse continuato a godere dell’immobile, per quanto lo stesso presentasse dei vizi, non poteva sospendere l’intera sua prestazione consistente nel pagamento del canone di locazione , perché così sarebbe mancata la proporzionalità tra i rispettivi inadempimenti potendo giustificarsi soltanto una riduzione del canone proporzionata all’entità del mancato godimento, applicandosi i principi dettati dall’articolo 1584 del Codice civile (diritti del conduttore in caso di riparazioni).

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DEDUZIONE IRPEF AL 20% DEL PREZZO DI ACQUISTO SOLO SE L’AFFITTO DURA OTTO ANNI

Viene concessa all’acquirente persona fisica (quindi non esercente attività commerciale) una deduzione dal reddito complessivo pari al 20% del prezzo di acquisto (effettuato tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2017) di unità immobiliari a destinazione residenziale, di nuova costruzione o oggetto di interventi di restauro o di ristrutturazione che fossero invendute alla data del 12 novembre 2014 e che conseguano il requisito dell’agibilità tra il 1° gennaio 2014 e il 31 dicembre 2017:
Deve inoltre trattarsi di unità immobiliari:
1) destinate, entro sei mesi dall’acquisto o dal termine dei lavori di costruzione, alla locazione (ma non tra parenti) per un periodo continuativo di almeno otto anni);
2) non classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9;
3) con prestazioni energetiche certificate in classe A o B;
4) non ubicate in zone agricole.
La deduzione del 20%  può essere calcolata  sulla parte del prezzo entro i 300.000 euro (Iva compresa) nonché sugli interessi passivi dipendenti da mutui contratti per l’acquisto delle unità immobiliari in questione.
La deduzione è ripartita in otto quote annuali di pari importo, a partire dal periodo d’imposta nel quale avviene la stipula del contratto di locazione e non è cumulabile con altre agevolazioni fiscali previste da altre disposizioni di legge per le medesime spese.
La deduzione spetta solamente ai soggetti titolari del diritto di proprietà dell’unità immobiliare in relazione alla quota di proprietà.

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CONTRATTO DI LOCAZIONE: RECESSO CONSENTITO SOLO PER GRAVI MOTIVI

Il recesso è invece la facoltà concessa al solo conduttore di porre fine anticipatamente al contratto, sussistendone i presupposti. Il diritto di recesso è disciplinato, per le locazioni abitative, dall’articolo 3, comma 6, della legge 431/1998, e per quelle a uso diverso dall’articolo 27, commi 7 e 8, della legge 392/1978. Esso può essere esercitato dal conduttore in presenza di gravi motivi che gli impediscono di proseguire nel contratto.
La comunicazione di recesso deve essere inviata al locatore con un preavviso di almeno sei mesi rispetto alla data in cui si intende porre fine alla locazione. I canoni devono essere corrisposti fino alla scadenza del termine semestrale anche se il rilascio dell’immobile avviene prima.
A volte i contratti contengono una clausola che concede al conduttore la facoltà di recesso indipendentemente dalla sopravvenienza di gravi motivi, oppure dando un preavviso inferiori ai sei mesi: si tratta, invero, di deroghe compatibili con lo spirito della legge.
Per le locazioni a uso diverso dall’abitazione è ormai consolidato il principio per cui i gravi motivi che consentono al conduttore di recedere dal contratto, devono sostanziarsi in fatti involontari imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto, ed essere tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore la prosecuzione del rapporto locativo. La comunicazione del recesso da parte del conduttore non può prescindere dalla specificazione dei motivi e i fatti in questione devono presentare una connotazione oggettiva. La scelta del conduttore non può ritenersi collegata a una sua visione strategica, che rientra nel rischio di ogni imprenditore nell’esercizio della sua impresa, bensì ad un situazione che egli non poteva prevedere, se non nei limiti normali dell’andamento del mercato di settore. Il recesso deve essere dunque conseguenza di fattori obiettivi che esulino dalle normali e prudenziali valutazioni che spettano all’imprenditore nell’esercizio dell’impresa, imprevedibili al momento della stipulazione del contratto e sopravvenuti nel corso della locazione.
Qualora, infine, il recesso venga esercitato in assenza di validi motivi e manchino i presupposti legittimi, nulla vieta al locatore di accettare l’anticipata riconsegna dell’immobile, con riserva, però, di pretendere il pagamento dei canoni futuri fino al termine del contratto, oppure fino al momento in cui l’immobile verrà nuovamente locato a terzi.

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I BONUS ACQUISITI CON LA CASA NON SI TRASFERISCONO AL CONIUGE

Ho acquistato un appartamento che è stato da poco ristrutturato dal precedente proprietario fruendo della detrazione del 50 per cento. Nell’atto di vendita le rate della detrazione sono state trasferite a me. Essendo io a carico del coniuge convivente posso trasferire a lui le detrazioni anche se io sono proprietaria della casa al 100%?
Nell’ipotesi che un coniuge abbia acquisito il diritto alla detrazione del 50 per cento (o del 65 per cento) a seguito dell’acquisto di un fabbricato ristrutturato che fruiva dei benefici fiscali il coniuge convivente non ha diritto a subentrare al coniuge e a fruire delle detrazioni.
La legge stabilisce che il coniuge convivente ha diritto a fruire della detrazione sole se, fin dall’origine, sostiene direttamente le spese (fatture a lui intestate e bonifici da lui eseguiti).
Non può subentrare nel diritto acquisito dal coniuge convivente a seguito del trasferimento del bene.

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ACCORDO SUL PREZZO DEL LATTE TRA GLI ALLEVATORI E ITALATTE

Nel 2017 il prezzo del latte alla stalla registrerà incrementi che ricalcano l’andamento del mercato, dopo quasi due anni di discesa sotto la soglia dei costi di produzione. Questo grazie all’importante accordo annunciato dalla Coldiretti e dalle altre organizzazioni agricole e cooperative. L’intesa è stata siglata con Italatte che fa capo al gruppo Lactalis la più importante industria casearia a livello nazionale.
Tale intesa prevede una quotazione minima di 37 centesimi al litro a gennaio, che salirà a 38 centesimi a febbraio per arrivare ai 39 centesimi di marzo e aprile.
Il mercato di riferimento per la quotazione sarà quello lombardo.
L’accordo viene esteso anche a quei contratti già siglati e in scadenza a marzo 2017.
Per quanto concerne la definizione del prezzo cambia il sistema di indicizzazione nel quale viene inserito, per una quota del 30%, anche il valore del Grana Padano che diventa uno dei parametri base (il restante 70% sarà legato alla media del latte dei 28 Paesi UE).
Si terrà conto della quotazione formulata su questa indicizzazione solo se sarà superiore al prezzo minimo stabilito nell’accordo
Gli allevatori non saranno più costretti a limitare la quantità munta in base agli accordi di ritiro, ma dovranno solo comunicare la produzione stimata nel 20l7.
L’accordo prevede inoltre che a scadenza venga subito aperto un tavolo di confronto per stabilire il prezzo nei mesi successivi.

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DISDETTA DEL CONTRATTO DA PARTE DEL LOCATORE ALLA PRIMA SCADENZA

Avendo i contratti di locazione una lunga durata si rende di fondamentale importanza la disdetta del contratto da parte del locatore al fine di interrompere il prosieguo del rapporto, dopo una prima scadenza obbligatoria, e di reimpossessarsi dell’immobile.
La disdetta deve manifestare al conduttore la seria intenzione di non rinnovare il contratto alla scadenza. Il contenuto non deve lasciare nel conduttore il minimo dubbio sull’intenzione di impedirgli di occupare l’immobile oltre la scadenza del contratto.

Immobili abitativi
Prima scadenza
Nei contratti a uso di abitazione, disciplinati dalla legge 431/1998, alla prima scadenza il locatore può riottenere la disponibilità dell’immobile purché abbia dato disdetta al conduttore inviandogli almeno sei mesi prima della scadenza una raccomandata con avviso di ricevimento contenente l’indicazione del motivo (tra quelli elencati dall’articolo 3, comma 1, della legge citata) per cui non intende far proseguire il contratto di locazione in corso.
Motivi tassativi
I motivi devono essere esattamente specificati, così da consentire al conduttore di verificarne la fondatezza e di controllare, dopo l’avvenuto rilascio, l’effettiva destinazione dell’immobile all’uso indicato.
I possibili motivi sono i seguenti:
– il locatore intende destinare l’immobile a uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado oppure all’esercizio di attività dirette a perseguire finalità pubbliche, sociali, mutualistiche, cooperative, assistenziali, culturali o di culto, con contestuale offerta al conduttore di altro immobile idoneo;
– il conduttore dispone di un alloggio libero e idoneo nello stesso comune ove si trova l’immobile locato oppure non occupa continuativamente l’immobile senza giustificato motivo;
– l’unità immobiliare locata è compresa in un edificio gravemente danneggiato da ricostruire o da ristrutturare integralmente o è sita all’ultimo piano e il proprietario intende eseguire sopraelevazioni
– il locatore intende vendere l’immobile a terzi e non ha la proprietà di altri immobili a uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione. Al conduttore spetta in tal caso il diritto di prelazione, da esercitare entro 60 giorni dal momento in cui il locatore gli comunica in modo esatto le condizioni della vendita.
L’omessa indicazione del motivo rende nullo il diniego di rinnovo, con la conseguenza che il contratto prosegue anche per il successivo periodo previsto dalla legge.
Se il locatore riacquista la disponibilità dell’alloggio a seguito del diniego di rinnovazione e non lo adibisce nel termine di 12 mesi all’uso dichiarato, il conduttore ha diritto al ripristino del rapporto di locazione alle stesse condizioni del contratto disdettato o, in alternativa, al risarcimento del danno.
Seconda scadenza
Alla seconda scadenza del contratto non occorre motivare la ragione per cui si nega il rinnovo e il locatore può, previa disdetta da inviare sempre nel termine di legge (sei mesi per le abitazioni, un anno per l’uso di-verso), ottenere la cessazione del contratto per scadenza del termine di durata del contratto.
In assenza di disdetta il contratto si rinnova tacitamente alle medesime condizioni.

Immobili non abitativi
Anche per i contratti a uso diverso dall’abitazione giunti alla prima scadenza, il locatore può negare il rinnovo, solo nei casi indicati dall’articolo 29 della legge 392/1978, con comunicazione da inviare almeno 12 mesi prima della scadenza.
Non serve indicare alcun motivo per la seconda scadenza e la disdetta dovrà limitarsi a manifestare una ferma volontà di non fare proseguire oltre la locazione.
I disagi che il conduttore subisce a seguito della disdetta sono però tutelati dal riconoscimento dell’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale.
Il conduttore matura il diritto a conseguire una indennità pari a 18 mensilità dell’ultimo canone corrisposto, che divengono 21 per le locazioni alberghiere, a condizione che lo svolgimento di queste attività comporti contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori (articolo della legge 392/1978).
L’indennità raddoppia se, entro un anno dall’avvenuto rilascio, l’immobile viene da chiunque altro, locatore compreso, adibito all’esercizio della medesima attività prima svolta dal conduttore uscente, o comunque compresa nella stessa tabella merceologica, che sia affine a quella dell’uscente.

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TERMOVALVOLE

Conteggio del calore, costi e bonus fiscali

Cosa è la termoregolazione
Una valvola, nel punto in cui i tubi che arrivano dalla caldaia centralizzata si connettono con ogni radiatore, regola il flusso di acqua calda. Nel caso di edifici con distribuzione orizzontale, dove una sola tubazione ripartisce l’acqua al sistema (sia esso a caloriferi o radiante) sarà introdotto un dispositivo di regolazione del flusso nel punto di ingresso dell’acqua calda nell’alloggio e lo stesso sarà collegato o a singole termovalvole poste sui radiatori o a un termostato o cronotermostato unico (proprio come quello delle caldaie autonome), capace di regolare l’accensione o spegnimento del flusso in funzione della temperatura impostata.

Cosa è la contabilizzazione
La contabilizzazione serve a quantificare il consumo di ogni unità immobiliare. Anche in questo caso, a seconda che l’edificio sia a colonne montanti (cioè diversi tubi salgono verticalmente fra gli alloggi e servono ciascuno uno o più caloriferi per piano) o a distribuzione orizzontale, verranno inseriti sui singoli caloriferi piccoli apparecchi, che si chiamano ripartitori, oppure viene Inserito un sottocontatore o contabilizzatore alla tubazione di ingresso in casa.

I costi e i bonus fiscali
II costo per installare una singola valvola termostatica può variare molto e oscilla, in media, fra i 70 e i 100 euro. A questa cifra va aggiunta la spesa per i contabilizzatori o il sotto contatore e il termostato. Per coprire i costi è possibile fruire della detrazione fiscale al 65% nel caso in cui l’intervento sia contestuale ai cambio di caldaia e del 50% se riguarda il solo inserimento dei nuovi dispositivi.

Le maggioranze in assemblea
La scelta dell’impresa termotecnica a cui affidare i lavori di installazione di valvole termostatiche e ripartitori o contabilizzatori avviene in assemblea di condominio con la maggioranza semplice (un terzo dei condomini che rappresentino almeno un terzo del valore dell’edificio). Il quadro cambia nel caso in cui si decida di applicare la ripartizione introdotta dal 141/2016, derogando alla norma Uni 10200, in questo caso, è necessaria la maggioranza dei presenti che rappresentino almeno i 500 millesimi.

L’assemblea condominiale non può stabilire la quota fissa, serve il parere del tecnico
Il Dlgs 18 luglio 2016 n.141 ha apportato integrazioni al Dlgs 4 luglio 2014 n. 102 confermando la scadenza del 31 dicembre 2016 per l’installazione delle termovalvole. In difetto, per ciascun proprietario è prevista una sanzione amministrativa da € 500 a € 2.500.
Le principali novità apportate dal Dlgs 141/2016 riguardano il criterio di ripartizione della spesa del riscaldamento.
a) Il riparto
Viene confermato che, a tal fine, occorre fare ricorso alla norma Uni 10200. Come in precedenza, non è possibile integrare i calcoli utilizzando i coefficienti correttivi per compensare le maggiori dispersioni all’ultimo e al primo piano. L’assemblea non potrà che approvare, salvo errori, i calcoli effettuati dal professionista incaricato.
Del tutto nuova, invece, l’alternativa contenuta nella recente modifica legislativa. Qualora vi siano particolari criticità dovute a notevoli dispersioni dall’involucro edilizio tali da evidenziare differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità immobiliari costituenti il condominio superiori al 50 per cento, è possibile non applicare la norma Uni 10200. Tale circostanza, però, deve risultare da una relazione tecnica asseverata. Non è chiaro come debba essere calcolata la differenza. Si ritiene che il tecnico debba calcolare i fabbisogni di tutti gli appartamenti e, conseguentemente, accertare quale sia la media. Questo dato dovrà essere superato del 5o% al fine della ricorrenza del requisito richiesto. In tal caso l’assemblea (con la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà dei millesimi) potrà decidere se applicare o meno la norma Uni 10200. In caso negativo, la spesa del riscaldamento dovrà essere suddivisa almeno per il 70% sulla base dei consumi effettivi (prelievi volontari di energia termica). Anche in questo caso non sarà possibile introdurre coefficienti correttivi. Gli importi rimanenti potranno essere ripartiti, a titolo esemplificativo e non esaustivo, secondo i millesimi, i metri quadri o i metri cubi utili, oppure secondo le potenze installate.
b) La flessibilità
La differenza sostanziale rispetto all’applicazione della Uni 10200 consiste nella non necessità di provvedere al calcolo della nuova tabella millesimale. Questa avrebbe dovuto essere stimata sulla base del fabbisogno. In tal caso, però, gli appartamenti sfavoriti sarebbero stati ulteriormente svantaggiati. Decidendo circa la non applicazione della Uni 10200, quindi, le voci di spesa indicate potranno essere ripartite più omogeneamente. Potranno essere utilizzati anche i vecchi millesimi del riscaldamento. Questi ultimi, dovesse invece trovare applicazione la Uni 10200, cesserebbero di avere efficacia. È, in ogni caso, fatta salva la possibilità, per la prima stagione termica successiva all’installazione dei dispositivi di contabilizzazione e termoregolazione, che la suddivisione si determini in base ai soli millesimi di proprietà. Le nuove modalità di ripartizione della spesa introdotte con il Dlgs 141/2016 sono facoltative nei condomini ove alla data di entrata in vigore dello stesso (26 luglio 2016), si sia già provveduto all’installazione dei dispositivi di legge e alla relativa suddivisione delle spese. La violazione del criterio legale di ripartizione della spesa vedrà l’irrogazione della sanzione amministrativa da € 500 a € 2.500 in capo al condominio.

 

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INFISSI, COME OTTENERE LA DETRAZIONE DEL 65%

La sostituzione degli infissi in un appartamento dotato di riscaldamento autonomo fruisce della detrazione del 65% per la riqualificazione energetica degli edifici a condizione che gli stessi rispettino i requisiti di trasmittanza termica stabiliti nell’allegato B del DM 11 marzo 2008.
Per quanto concerne la documentazione tecnica richiesta, è da evidenziare che, nell’ipotesi di sostituzione delle finestre e infissi in singole unità immobiliari, non è più necessario acquisire l’attestato di qualificazione/certificazione energetica dell’edificio  e che, per la scheda informativa dei lavori può essere utilizzato lo schema contenuto nell’allegato F del Dm 19 febbraio 2007 (che può essere compilato direttamente dal contribuente).
Una volta acquisita l’asseverazione di un tecnico abilitato che certifichi i requisiti di trasmittanza, che deve essere necessariamente conservata ed esibita in caso di eventuale accertamento fiscale, il contribuente dovrà inviare all’Enea (tramite il programma informatico disponibile sul sito internet www.acs.enea.it) la sola scheda informativa dei lavori realizzati, entro i 90 giorni successivi all’ultimazione dell’intervento (da intendersi coincidente con la data del “collaudo” delle nuove finestre).
Se gli infissi non presentano i requisiti di trasmittanza termica previsti dalla legge è possibile applicare, in alternativa, la detrazione del 50%. In tal caso, basta pagare le fatture con bonifico bancario o postale.

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